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Vite di nove ipocondriaci eccellenti esplora, attraverso le biografie di alcuni personaggi celebri – tra cui anche Marcel Proust, Michael Jackson, Florence Nightingale –, la paura e la speranza, la malattia e l’immaginazione, la disperazione e la fantasia da cui tutti possiamo essere colti.rnAndy Warhol era ossessionato dalle macchie rosse che gli erano comparse sul naso. Charles Darwin teneva scrupolosi diari del suo stato fisico. Charlotte Brontë riversava i suoi presunti malesseri nei protagonisti dei suoi romanzi. Glenn Gould credeva che una pacca amichevole sulla schiena gli avesse fatto perdere il suo tocco al pianoforte. E tutti noi conosciamo qualcuno che, non appena pensa di avere un sintomo di qualcosa, apre un motore di ricerca e inizia a scorrere le pagine finché trova la conferma che aspettava: è afflitto da qualche orrendo malanno.rnBrian Dillon percorre e oltrepassa la maschera comica del malato immaginario trasportandoci sul piano della cruda realtà, mostrandoci le ansie terribili di queste grandi figure della letteratura, della musica, dell’arte e della scienza, e chiedendosi se non ci sia un legame tra l’ipocondria e la creatività: l’isolamento e la tendenza ad ascoltare ogni sussulto del proprio corpo giovano senz’altro alla ricerca – scientifica e artistica –, ma forse minano la psiche.rnQuella di Brian Dillon è un’indagine profonda nelle esperienze di vita, che ci restituisce un racconto intimo, umano e coinvolgente di menti che lottano con corpi, di te