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In Giusto terrore Alessandro Gazoia sfida l’oscurità a rivelare ilrnsuo volto: piega le barriere tra fiction e realtà per restituire ognirnsfumatura all’abisso e compiere una vertiginosa discesa verso ilrnfondo, guidata dal solo timone della scrittura. Il suo è un assaltornal cuore della più grande paura dell’Occidente.rnrnGiusto terrore: il verbo si fa carne, la carne si fa corpi. Alcuni corpirnsi fanno proiettile, altri si fanno polvere. Un sentiero di morte,rncomparso dal nulla e nel nulla diretto, che tuttavia da lungorntempo incrocia le nostre strade. Ma come raccontarlo? Come separarerni nomi delle vittime da quelli dei carnefici e farne simbolirnefficaci, farne storie, renderli fruibili, commestibili, assimilabili? Erndove tracciare la linea tra presente e passato, tra storia personale erncollettiva, per non finire schiacciati dall’ossessione?rnÈ quanto si chiede il narratore, diretto a Roma per «un’ipotesi dirnconsulenza a un progetto di documentari sul terrorismo di matricernjihadista». Il suo viaggio attraversa i luoghi dell’anima e dellarnstoria, il lessico pubblico e familiare, le immagini finte ma veritiererndei film sulla lotta armata e quelle troppo vere dei video dellernesecuzioni diffusi dal web. Un cammino in cui ogni fatto portarncon sé l’eco di un altro fatto, ogni incontro la memoria di un altrornincontro, ogni volto la traccia di un altro volto: sull’Intercity darnSanremo a Roma, il narratore segue il corso dei pensieri fino all’Italicus,rnalla strage di