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Il titolo Diario di un imboscato non deve trarre in inganno. Infatti, come dice lo stesso autore nella prefazione alla prima edizione (1919): "Le gradazioni dell'""imboscato"" sono infinite. Il combattente ha sempre qualcuno che è ""imboscato"" rispetto a sé, e a sua volta è ""imboscato"" rispetto a qualche altro. La gradazione va dal soldato di pattuglia al ""comandato al Ministero della Guerra, in Roma"" dove non arrivano né i cannoni, né la flotta, né gli aeroplani. Così avviene che il soldato di pattuglia, ritornando nella trincea, dice ai suoi compagni che sono rimasti nel pericolo minore: ""Ah, siete qui, eh, imboscati?"""". Ecco dunque spiegata la ""bizzarria"" del titolo. Il contenuto dell'opera è, in sostanza, la lucida analisi di un ""uomo comune"", che - pur vedendo con occhio favorevole la guerra - è tuttavia uno dei più puntigliosi nel documentarne gli elementi di dissenso e di estraneità; è una testimonianza resa da chi ""a volte dice molto di più di quello che non vorrebbe dire""."