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Le poesie di Chandra Livia Candiani si rivolgono spesso a un tu variabile, che di volta in volta si riferisce a persone presenti o assenti, prossime o lontane nello spazio e nel tempo, o ancora: comunità in potenziale ascolto, entità non individuabili, la morte, parti dell'io poetante ("Io ti converto in fame / mio silenzio""). Ma questo tu assomiglia molto a un noi creaturale che accomuna dèi, uomini e cose in una sorta di fratellanza universale in cui l'insistenza pronominale funge più da invocazione che da individuazione. O da ""istruzioni per l'uso"", come nella splendida ""Mappa per l'ascolto"" (""Dunque, per ascoltare / avvicina all'orecchio / la conchiglia della mano"") o la corrispondente ""Mappa per pregare"". Della stessa serie ""pedagogica"" è la strofa di ""istruzioni per abbracciarsi"" che abbiamo messo in copertina. Chi parla, in questi casi, è una voce sapiente ma non saccente, un soffio leggero con la forza di un vento impetuoso: il risultato di una miscela di linguaggi