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Queste pagine, tratte dal "Dizionario dei sinonimi"" del 1867, riproducono le singole voci che descrivono le variegate forme del bello e del brutto. L'attenzione è rivolta anzitutto alla bellezza dello stile e del parlare. La condanna del vuoto artificio si accompagna all'elogio della naturalezza e genuinità popolari. Ecco allora che lo stile può essere colto, puro, forbito, terso, leggiadro, ornato, venusto, elegante, bello (ma la gradazione può, secondo i casi e i gusti, variare). C'è poi la bellezza del corpo, dell'atteggiarsi, del vestire: e qui Tommaseo prende di mira uomini e donne di mondo, quanti badano ai fronzoli e non pensano alla sostanza (""La donna tenta abbellirsi con istranii ornamenti, i quali, non che imbellirla o rimbellirla, la deturpano più che mai""). La femminilità elogiata da Tommaseo è semplice e modesta: ma trapela qua e là una certa debolezza per una più ambigua fascinazione (""v'è una certa bellezza che fa paura""). E se la bellezza sta ""nella proporzione e nell'ordine delle parti, e nel colorito della persona""; leggiadria, ""nel moto o nella mossa o in quell'atteggiamento che di poco precede o segue alla mossa""."