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Tre racconti scritti negli anni Ottanta dall’inventore della «commedia all’italiana». I personaggi, poveracci come tanti, vittime e artefici di situazioni un po’ paradossali, ma capaci di sentimenti e di una straordinaria arte di arrangiarsi, appartengono a un umorismo colto e popolare, sensibile socialmente e divertito, empatico verso i tipi umani e un po’ pessimista, che affonda in una grande tradizione tutta letteraria.rnrnTutti ricordano i film di cui Furio Scarpelli (assieme al socio Age o da solo) è stato sceneggiatore. Molti dei migliori titoli della Commedia all’italiana e di quell’epoca in cui in questa confluiva il Neorealismo, da La Grande Guerra a L’armata Brancaleone, da I soliti ignoti a C’eravamo tanto amati a Il postino, portano la sua firma. A differenza di altri paesi, in Italia lo sceneggiatore è anche il più delle volte lo scrittore della storia – si chiama «trattamento» – che diventerà pellicola. Dunque Scarpelli era naturalmente uno scrittore, ma era in più un narratore per vocazione e per scelta in racconti che non sarebbero stati destinati al cinema ma erano letteratura pura.rnCosì è in questi tre racconti. Ivano, geometra nullafacente, tanto amato dalla madre e dalle sorelle e dalla concorrente fidanzata; Bastiano, il pescivendolo burino, buono e arricchito, che rivela una ferocia beffarda quando viene gabbato; Anna e i due compari balordi e suonati delle notti romane: sono tutti personaggi su cui istintivamente sovrapponiamo il volto degli attori che