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Giosuè Calaciura riesce come pochi a parlare di bambini e di diseredati, una sensibilità straordinaria che si traduce in lingua realistica e insieme lirica dando vita a una favola sospesa tra incanto e prodigio.rnrn«Di fronte a Calaciura proviamo lo stesso stupore che ci assale quando leggiamo Thomas Bernhard» - Jérôme Ferrari, vincitore del Premio Goncourt 2012rnrn«La tradizione di Calaciura è quella del grande racconto isolano e di una scrittura barocca, fitta di colori e sapori ma anche di sentimenti pieni e dolorosi» - rnGoffredo Fofi, InternazionalernrnLa notte di Natale un neonato viene abbandonato su un sedile dell’ultimo tram; fermata dopo fermata salgono i viaggiatori e la scoperta del bambino genera come un cortocircuito: quel presepe in movimento diventa un palcoscenico dove ogni passeggero è un protagonista, racconta la sua storia e la sua sconfitta ma anche l’umana urgenza di un mondo migliore, accogliente e solidale: l’antica promessa per i diseredati di una piccola fetta di Paradiso da ritagliare qui e ora. Protagonista, accanto ai viaggiatori, la città notturna con le sue storie e i suoi imprevisti «miracoli», un’umanità minuta e affannata, disposta a ogni sacrificio e umiliazione pur di sopravvivere e lasciare un segno del proprio passaggio. Venditori di ombrelli, ambulanti, commercianti di cianfrusaglie, camerieri, prostitute, infermiere, giovani migranti che la burocrazia definisce «minori non accompagnati»: umanità senza garanzie e senza voce, rifiutata, p