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Come gli umani raccontano di sé, come provano a vincere la morte: uno dei temi oggi più discussi nel dibattito epistemologico delle scienze storiche, antropologiche e letterarie nelle pagine, pensate insieme al figlio Emanuele, di uno degli intellettuali che più hanno segnato gli studi antropologici in Italia negli ultimi cinquant’anni.rn«Lo scrittore, cercando l’uomo, trova gli uomini; l’antropologo, ma anche il sociologo, lo storico, etc., osservando gli uomini, troppo spesso perdono l’uomo. Il mondo si trasforma in un regno di astrazioni quantitative. I vivi e i morti si contano in numeri e dispare quanto di attese e passioni, gioia e pena, sostanzia e rende reale la loro esistenza. Si perde insomma l’identità e si dissolve la tensione invisibile che, pur occultandosi nei loro atti, di fatto li anima e li fa vivere. Si tratta però di rare eccezioni. Quale antropologo, ma anche sociologo, storico ha restituito la società russa o centro e sudamericana, di un preciso tempo, come Gògol e Tolstoj, Carpentier e García Márquez? Nel generale dissenso ho spesso affermato che gli uomini non producono e consumano cose ma simboli. È questo il segreto inarrivabile della loro specificità in quanto umani. Resta da capire che cosa è il simbolo» (A. Buttitta). Sono raccolti in questo libro (l’ultimo del grande antropologo ideato insieme al figlio Emanuele) gli scritti di Antonino Buttitta sul tema che maggiormente lo ha appassionato e interpellato negli ultimi anni: il rapporto tra antropo