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Recami conduce il gioco con una ironia così tagliente da farsi critica sociale, con tocchi macabri da commedia nera, e riesce nell’impresa di farci sorridere là dove potremmo prostrarci e deprimerci, perché la vecchiaia prima o poi ci riguarda tutti.rnrn«Dopo il conflitto di coppia ho scelto di raccontare il conflitto tra il malato e l’istituzione rappresentata dalla famiglia e dall’istituto sanitario» - rnFrancesco RecamirnrnLa clinica «Riposo & Pace» sorge in un luogo ameno su ridenti colline, dove è tutto un cinguettar di uccellini su prati tosati a dovere, gli edifici lindi e luminosi, il personale amabile. Proprio in fondo al parco si intravede un padiglione un po’ appartato; è lì che «Riposo & Pace» si trasforma in stress e conflitto, una vera e propria lotta per la sopravvivenza. rnAlfio Pallini viene portato con la forza e con l’inganno nella villa dagli affezionati nipoti, ridotto all’impotenza si accorge ben presto dove sia capitato, sedazioni su sedazioni, personale robusto e convincente, legacci e sbarre. Quel che più inquieta l’arzillo vecchietto è che il suo vicino di letto cambi di continuo, i nuovi arrivati non fanno in tempo ad ambientarsi che vengono portati via coperti da un lenzuolo bianco. Alfio, che già progettava la fuga, diventa ancor più sospettoso, nasconde i farmaci, va curiosando, origlia le chiacchiere delle infermiere kapò, cerca di mettersi in contatto con il suo antico badante, l’unica persona di cui si fidi, colui che potrebbe fargli guadagnar