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Ci voleva la prosa risciacquata nel Danubio di Paolo Frusca, la sua elegante vena di narratore percorsa da inquietudini mitteleuripee e dell'amore smisurato verso il Gioco, per modellare al meglio non solo la personalità di Bela Guttmann ma la totalità del mondo nel quale ha agito - Federico Buffarn«Bela Guttmann è un personaggio che ho sempre inseguito e adorato, ma perché scrivere ancora di lui? E perché scrivere un romanzo? A raccontare il genio egocentrico, istrionesco e multiforme dell'ungherese (Budapest 1899-Vienna 1981) prima centrocampista e poi allenatore delle più grandi squadre d'Europa e del Brasile (Milan, San Paolo, Benfica, Peñarol, Porto, Panathinaikos...) ma anche psicologo, maestro di danza, barista e parecchio altro ancora, non bastavano le biografie, i saggi e i mille articoli scritti su di lui a partire dagli anni Trenta? No, non bastavano. Perché per rendere omaggio a questo innovatore, a questo illusionista dello spogliatoio, a questo visionario che incise così