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Siamo sicuri che con "tradurre"" si intenda la stessa cosa in tutte le culture? Certamente no. Per rappresentare questa pratica, infatti, ciascuna tradizione ha fatto e fa ricorso a paradigmi culturali specifici, spesso anche molto diversi fra ioro. Se noi occidentali, quando ""traduciamo"", ci immaginiamo di ""portare al di là"" un certo significato, in India si pensa invece di crearne una ""apparenza illusoria""; mentre in Nigeria si tratta piuttosto di ""rompere"" l'originale per poi ""raccontarlo"" nella lingua di arrivo. Anche Greci e Romani utilizzarono paradigmi culturali molto specifici - e molto diversi dai nostri - per pensare la traduzione: a Roma quelli della ""metamorfosi"" (vertere) e della transazione commerciale (interpretari); in Grecia quelli della ""riarticolazione"" (hermenéia) dell'originale, compiuta nel segno di Hermes, mentre Giudei e Cristiani, alle prese con la traduzione greca della Bibbia (i Settanta), si rappresentarono questa operazione addirittura nei ter