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Se è vero, come scrive Giacomo Oreglia nella prefazione, che "nell'opera sterminata e labirintica di Strindberg la produzione specificamente lirica appare piuttosto esigua di fronte a quella teatrale, narrativa e saggistica"", è anche vero che sarebbe errato considerare questa parte dell'ispirazione del grande scrittore svedese come qualcosa di semplicemente occasionale e minoritario. Innanzitutto, infatti, August Strindberg è uno degli esempi più emblematici dello scrittore ""totale"", che identifica nella maniera più assoluta se stesso e la propria opera; in secondo luogo, l'espressività estrema del linguaggio poetico non poteva non attrarre profondamente uno scrittore che di sé diceva: ""Non ho il pensiero più acuto, ma il fuoco; il mio fuoco è il più grande della Svezia"". Così, la poesia per Strindberg diventa il necessario approdo e complemento della sua straordinaria avventura creativa; esemplare essa stessa, non meno della narrativa, del teatro e della saggistica; e forse anzi terreno meno frequentato eppur privilegiato, per perseguire, come scrive ancora Giacomo Oreglia, ""l'impietosa mise à nu e dissezione di un percepire dalla irriducibile dicotomia..., fra i contrasti insanabili e senza saldature di realtà e sogno, presente e passato, dubbio e credenza, tradizione e individualità, necessità e libertà, eticità e bellezza""."