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In tempi di eccessi comunicativi, di crescente irresponsabilità nei confronti della verità di ciò che diciamo e che ci viene detto, un filosofo del secolo scorso, raffinato studioso ed eccezionale divulgatore del pensiero classico, chiarisce con toni inaspettatamente profetici il percorso che ha portato a fare dell'abuso di parola il mezzo privilegiato dell'abuso di potere. Lo avevano già teorizzato fin dall'antica Grecia i sofisti, che utilizzavano la retorica per ottenere il consenso politico persuadendo anche a prezzo della verità. Ma questa corruzione della parola - la sostituzione dell'apparenza alla verità e la distruzione del dialogo leale - è un rischio storico permanente, che ha affinato sempre più le sue tecniche divenendo propaganda al servizio della tirannia e del totalitarismo, fino a lasciare spazio alla violenza, non più solo verbale. Anche se questi meccanismi sono oggi meno espliciti, non è difficile riconoscere le patologie della comunicazione del tempo presente: la prigione del virtuale, che ha svuotato le relazioni con gli altri; la noncuranza verso ciò che è vero; l'asservimento alle logiche di un potere che oggi è economico, finanziario, tecnocratico... Su questo crinale incerto, con il rischio concreto che la corruzione della parola diventi corruzione dell'umano, Pieper non si limita però a raccomandare un galateo delle parole. Forte della grande lezione dei classici ancora in grado di offrire percorsi fecondi di riflessione, egli formula qui l'invito p