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"La Commedia è un'opera di finzione, ma in età medievale non esistono altre opere di finzione che registrino in modo così sistematico, tempestivo e quasi puntiglioso fatti della storia, della cronaca politica, della vita intellettuale e sociale contemporanei. E, per di più, senza temere di addentrarsi in retroscena noti solo per sentito dire o in quello che oggi chiameremmo gossip politico e di costume. Per molti aspetti, assomiglia agli odierni instant-book."" Il libro di Marco Santagata costituisce, nello scenario della letteratura dantesca, una novità. Perché è, prima di tutto, l'appassionato racconto, il ""romanzo"" appunto, della tormentata e semisconosciuta esistenza di un uomo dall'io smisurato, che si sentì sempre ""diverso e predestinato"", che in ogni amore e in ogni lutto, nella sconfitta politica e nell'esilio, e in particolare nel proprio talento, scorse ""un segno del destino, l'ombra di una fatalità ineludibile, la traccia di una volontà superiore"". Ed è, insieme, il do