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«Oltre il rettangolo di gioco, oltrerni tifosi, i gol, esistono milioni di cose,rnmio giovane amico, che possono riempirernla vita e darle senso. L’importanternè che tu le faccia con lo stesso impegnorne la stessa dedizione con la qualernhai praticato il calcio fino a oggi»rnrnLe favole, si sa, hanno il pregio e il difetto di nonrnessere vere, e anche la favola di Ivan Providence Martinirn– il bimbo nato a bordo di una nave, in una notterndi burrasca, da una misteriosa madre morta duranternil parto, e diventato calciatore di rango capacerndi tentare imprese impossibili – non è vera. TuttaviarnClaudio Pallottini, montando in Fair play una quantitàrndi testimonianze di personaggi dell’epoca (da TarcisiornBurgnich a Paolo Maldini, da Francesco Totti alla reginarnd’Inghilterra) e recuperando da ogni dove documenti,rninterviste, verbali segreti delle federazioni calcisticherne quant’altro (tutto inventato, o quasi tutto, e tuttornverosimile), ci restituisce il brivido di una storiarnche davvero, se fosse vera, ci farebbe tutti felici:rnquella di un ragazzo che – a volte cadendo, semprernrialzandosi – riesce a salvare la propria purezza tantornnel mondo ultracompetitivo, e non del tutto pulito,rndello sport più popolare, quanto in quello complessorne imprevedibile dell’amore, luogo per eccellenza dovernbasta un niente per perdersi e perdere.rnIl racconto è affidato alla voce epica, commossarne umorale di padre Claudio, il sacerdote scolopiornche lo educò al calcio e all’onestà, e i