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Con voce avvolgente, che sembra seguire il rollio dei pensieri tra l'isola e la terraferma, Flavio Soriga dà vita a un racconto che è un sorprendente noir isolano, un reportage coraggioso sulla Sardegna più lontana dall'immaginario comune e un sorridente bilancio sul ruolo degli intellettuali nel nostro mondo distratto.rn«È un libro che sa rappresentare quegli isolani strappati per forza dalla loro materiale e metafisica "isolitudine"" che tuttavia risulta impossibile da superare davvero e dimenticare» - Orazio Labbate, La Letturarnrn«Quando arrivava quel periodo dell'anno in cui raggiungere Cagliari e camminare per le vie davanti al porto o nel quartiere murato di Castello significava soprattutto sorridere al sole e sentirsi vivi, quando sembrava che tutto potesse accadere perché il mondo si rimetteva a festa, allora cominciava a salirmi dentro un'angoscia, a me, un bisogno di essere altrove.»rnrnQuesto libro racconta dell'essere figlio e dell'essere padre, del sangue che si dona e di quello che si riceve. Racconta della Sardegna d'inverno, dei paesi contadini e della sua più grande città di mare, del bisogno di scappare e della poesia dell'arrangiarsi, di giovani vite al confine tra il crimine e la noia, di romanzi mai scritti, della televisione italiana, di bambine da crescere, donne da amare, di caffè-libreria, stazioni e aeroporti. Il protagonista di questa storia è Aurelio Cossu, nato e cresciuto in un paesino vicino a Cagliari, un uomo che ha una compagna, una figlia,