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Le Memorie di un antisemita possono essere lette come la rappresentazione lucida, cristallina di un mondo variegato e complesso, ma sono anche e soprattutto il racconto di una ricerca della verità – la verità di un fenomeno ambiguo, quasi eterno, sempre latente e pronto a esplodere: l'insofferenza nei confronti della diversità.rnrnUn adolescente «distratto e solitario» cresce nella lontana Bucovina, provincia orientale dell'Impero asburgico. Terra di confine, dove i resti dell'eredità del Sacro Romano Impero d'Occidente convivono con quelli del Sacro Romano Impero d'Oriente, e crogiolo di popoli e razze: austriaci, tedeschi, slavi, turchi, armeni, ebrei. Con la guerra mondiale crollano insieme uno stato, una società, un mondo, ma resta intatto, in quello che è divenuto il Regno di Romania, il miscuglio delle razze. L'adolescente austriaco si trasforma in un giovane rumeno, si trasferisce a Bucarest e poi a Vienna, e diventa uomo. Lungo tutte queste tappe della sua esistenza lo accompagna un atteggiamento che è proprio del suo ambiente e della sua cultura, quello dell'antisemitismo, un sentimento che, come scrive Claudio Magris nell'introduzione, «viene ritratto in una sua inquietante spontaneità, quasi innocente perché naturale, e quindi tanto più oggettivamente colpevole». È un antisemitismo che nasce da una mescolanza irrazionale di amore e odio, di fascino e repulsione, così come testimoniano le cinque vicende di rapporti con il mondo ebraico che costituiscono l'ossatura d