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Sembra incontestabile che il linguaggio serva a comunicare, ma la parola può assolvere anche un’altra funzione: quando è necessario, essa confonde e occulta. Lo sanno gli adulti e i bambini, i filologi e i banditi: tra le facoltà implicite del linguaggio, c’è quella di smontare e ricostruire una lingua per farne un idioma nuovo, sconosciuto, accessibile soltanto a pochi.rn«Solo il verso ispirato funzionerebbe da antidoto contro il lavoro linguistico che caratterizza l'automatismo del call center e le ingegnose peripezie della formazione permanente. In un panorama così intricato l'ultimo libro di Daniel Heller-Roazen è uno strumento formidabile, che si serve di una splendida silloge di esempi - Marco Mazzeo, Aliasrn«Leggendo "Lingue oscure. L'arte dei furfanti e dei poeti"" viene un forte desiderio di dedicarsi a studi di letteratura comparata e una subitanea invidia per chi, come lui, lo può fare con il profitto e il divertimento che da questo libro in più punti saltano fuori» - Azionern«Lo studioso si inoltra in idiomi, vernacoli e codici che fanno parte della storia passata, e lo fa con acribia filologica.» - la StamparnÈ dal Quattrocento, in Europa, che si attestano le prime lingue intenzionalmente segrete. Sviluppate da malviventi e briganti, queste si diffusero in tutti i volgari moderni: dal gergo dei banditi francesi al thieves’ cant dell’Inghilterra rinascimentale, dal dialetto dei ladri denunciato da Martin Lutero ai furbeschi degli imbroglioni italiani, portoghesi,