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Viene affrontato il problema delle nuove prospettive, dei nuovi compiti, dei nuovi metodi, dei nuovi usi, delle nuove finalità del sapere storico fra Cinque e Seicento, della profonda dislocazione che esso conobbe fra l'età di Niccolò Machiavelli e Francesco Guicciardini e quella di Cesare Baronio e di Scipione Ammirato. Si getta luce sulle nuove modalità di studiare, scrivere e utilizzare la storia in una realtà profondamente segnata dalla repressione inquisitoriale, dalla clericalizzazione della cultura, dal primato della norma teologica, dell'obbedienza e degli usi apologetici del sapere.