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«Amata e odiata, adorata e insultata, esaltatarnquale modello eterno e accusata di essere la fonterndel disfacimento morale dell’intero paese. Pocornconosciuta e quindi incompresa, sepolta sotto unarnspessa coltre di luoghi comuni.rnA malapena sopportata»rnrnNon c’è altra città «capitale» quantornRoma: enorme centro di poterernnell’antichità e poi con la Chiesarnuniversale. Eppure è con unarnmaggioranza mediocre che il Parlamentorndell’Italia unita il 23 dicembre 1870rnvota il trasferimento della capitale darnFirenze, secondo una volontà che erarnstata di Cavour, oltre che di Garibaldirne Mazzini. Capitale «inevitabile», marnfra invidie taglienti. Una immaginernsempre contrastata: matrona e ladrona,rncivilizzatrice e corruttrice. Scelternurbanistiche errate e speculazioni voraci,rnanche vaticane, ne intasano il centro,rnsegregano l’immigrazione tumultuosa.rnCapitale incompresa dagli intellettuali,rndifesa dal solo Gabriele D’Annunzio, piùrntardi da Antonio Cederna. «Un suk» perrnGoffredo Parise, «la morte» per MariornSoldati. Questa è la cronaca viva e soffertarndi due secoli in cui Roma è cresciuta dirn15 volte. Ingovernabile senza strumentirnspeciali.