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Il libro delinea le grandi trasformazioni economiche che hanno consentito all'Italia di passare dall'arretratezza allo sviluppo. Particolare attenzione è rivolta alla politica economica, che, dall'iniziale orientamento liberista e agricolturista della Destra storica, pervenne prima alle opzioni protezionistiche e industrialiste dei governi di Sinistra, poi a quelle produttivistiche ed espansive dell'età giolittiana. La grande guerra segnò una cesura rispetto alla crescita economica del primo '900 e preparò la fine dello Stato liberale e l'avvento al potere del fascismo. Del nuovo regime il volume evidenzia la discontinuità tra l'iniziale indirizzo economico di tipo neoliberistico e l'adozione, dopo il 1925, di una politica dirigistica applicata anzitutto agli ambiti monetario e agrario. Tale interventismo si affermò compiutamente negli anni '30, in concomitanza con la «grande depressione» mondiale, allorché il fascismo, sospinto dalla necessità di salvare il sistema industriale e bancario sull'orlo del collasso, creò, specie con la fondazione dell'Iri, lo Stato «imprenditore e banchiere», ponendo nel contempo le basi di un'economia mista. Dopo il tragico epilogo della seconda guerra mondiale, la ricostruzione economica dell'Italia repubblicana si ispirò ai principi della libertà d'impresa e del mercato concorrenziale, riservando però un notevole peso alle partecipazioni statali e avviando importanti riforme finalizzate al superamento del dualismo Nord-Sud. La stabilizzazione