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Attraverso pagine ricche di forza e di umanità, Ti devo tanto di ciò che sono disegna l'inedita autobiografia di due grandi scrittori, l'uno espressione del Diciannovesimo secolo, l'altro proiettato nelle nevrosi e nelle inquietudini del Novecento.rnrn«Sì, così è: ti considero proprio come un figliolo. E sono orgoglioso di te» – Biagio MarinrnrnFaceva ancora il liceo Claudio Magris quando nella Trieste degli anni Cinquanta conobbe Biagio Marin, figura leggendaria di intellettuale e soprattutto poeta luminoso, ammirato dai critici seppure ancora lontano dalla fama nazionale che sentiva di meritare. Il quasi mezzo secolo di età che li separava non impedì lo sbocciare di un'amicizia febbrile, coltivata per quasi trent'anni attraverso incontri e, sempre più frequentemente, lettere. Questi scambi mostrano un rapporto fra allievo e maestro fatto di stima e ammirazione: Marin aveva perso in guerra il figlio Falco, e riversò il suo affetto di padre su Magris, «figlio d'anima»; Magris trovò in