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"La tragedia greca ha saputo articolare, a più riprese e con implicazioni differenti, il linguaggio della sofferenza e la rappresentazione di corpi umani stretti dalla morsa del dolore, feriti e piagati fino agli estremi limiti della sopportazione. Meno consueta è la rappresentazione diretta di un corpo divino che, nell'impossibilità di agire, occupa lo spazio con l'ostensione di una pena indicibile e inaggirabile. Il criminale è Prometeo, riconosciuto colpevole da Zeus, considerato un nemico dagli altri dei che si raccolgono intorno al trono olimpico del figlio di Crono. La partita si gioca crudamente tra pari, tra soggetti che appartengono ad una stessa dimensione. La società divina, nella persona del suo re, espelle e condanna un suo membro che ha rotto gli equilibri, che ha infranto un ordine e un patto di governo. Prometeo ha commesso un torto dispensando onori e privilegi che erano un possesso celeste. Ha rubato il fuoco per darlo agli uomini. Ma la crisi che tale iniziativa inne