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Due grandi narrazioni si sono contese l'intelligenza del mondo in questi ultimi anni: l'americana "guerra al terrorismo"" e l'esaltazione del martirio da parte degli jihadisti. Il panorama che ne risulta è desolante: ostaggi sgozzati in Iraq, prigionieri abusati ad Abu Ghraib e a Guantànamo, un'infinita scia di sangue da Gerusalemme a Mumbai. Nei fatti entrambi gli schieramenti hanno perso la loro battaglia. Anzi, aprendo la strada al loro nemico comune, l'Iran, hanno ravvivato un conflitto tra sciiti e sunniti che pareva sedato, sulle rive petrolifere di un Golfo sempre più crocevia degli equilibri mondiali. Con il successo di Hezbollah in Libano e la conquista politico-militare di Gaza a opera di Hamas, d'altro canto, i due obiettivi del piano di conquista americano - mettere in sicurezza lo stato d'Israele e controllare i mercati petroliferi - risultano più che mai una chimera. Come rompere il circolo vizioso del Terrore e del Martirio? L'unica possibilità, argomenta Kepel, risiede